NUMERO: 1836311903 | Lug - Dic 2012
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Racconti

Dritto di Prua Chiglia Specchio di Poppa

Riprendo il mio viaggio attraverso la costruzione del dinghy 12p. scorrendo tra ricordi e lavorazioni; sto cercando quelle poche foto fatte all'inizio della costruzione e durante altri momenti per aggiungerle se fa piacere a qualcuno.

Saluti alla prossima.

Dritto di prua Chiglia Specchio di Poppa

 

Il dritto di prua è tutt’altro che dritto! Scende verso la chiglia

Appena inclinato per  terminare con una curva che il più delle volte si realizza componendolo in due pezzi.

 Ancora quando ero ragazzo c’era chi riusciva a farlo in un pezzo solo di legno ricurvo.

Quando mio padre andava a pescare con il giacchio, lo seguivo in bicicletta: attraversavamo il viale confinato tra due file di tigli, giganti per l’età, che da Viareggio va verso Torre del Lago e ci immergevamo nella pineta percorrendo certi sentieri disegnati da terra finissima, chiara, sul letto di aghi marrone. In  vista dello stadio, ripiegavamo verso il mare: tra il campo di tiro a volo e i resti dalle forme egizie del Valipedio (vecchio poligono di tiro costruito nel ventennio). Lasciata la pineta alle spalle, nel cielo azzurro di ottobre, raggiungevamo un acciottolato largo che marcava l’inizio delle spiagge: embrione di un viale che vedrà la realizzazione definitiva intorno agli anni 70.

 Sulla destra una strada di sabbia battuta dirigeva alla darsena più remota del porto. Proseguivamo uno dietro l’altro tra vecchi stabilimenti balneari, ormai deserti, dipinti grossolanamente di blu, bianco e rosso; ed il muro di cinta dei nuovi cantieri navali Benetti.

All’inizio della strada una falegnameria immersa nelle dune e nei rovi esponeva un repertorio di tavole ricurve appoggiate al muro di cinta. Quelli della segheria si dovevano essersi distinti tra tanti per la capacità di trovare tronchi ritorti da ridurre in tavole, spesse anche 5cm che poi lasciavano stagionare ad uso degli ultimi carpentieri: sacerdoti di una tradizione millenaria in rapida estinzione. Tavole che come spiegava mio padre finivano nella realizzazione di prue,  calcagni,  monaci: infisse nelle chiglie e nei madrieri, come madre natura le aveva fatte, seguendo le forme dello scafo.

--Il giacchio ha trefoli di canapa più sottili della corda di questo salamino: è una rete conica con maglie a forma di rombo--: non poteva sfuggire a Gianni il termine inusuale che avevo pronunciato.

--Nella parte alta le maglie sono più grandi e terminano con un capo intrecciato che ti resta in mano e serve per il recupero—: la cosa si fa interessante e tra le fette di salame della merenda sotto il portico e i bicchieri di vino che stemperano la sera, si aggiungono i ricordi: di quanto mio padre la stendeva ad asciugare, calandola dal terrazzo sino al giardino e la rete assomigliava a quei coprinsetti indiani che si vedono avvolgere i letti nei film.

--Sulla base ha una balsa di canapa più spessa guarnita con piccoli piombi, legata ad intervalli regolari alle maglie con trefoli corti che tirando la rete formano la borsa dove restano imbrogliati i pesci.—

Arrivati sull’arenile mio padre toglieva il giacchio dalla sacca azzurra, scolorita da infiniti bagni e a torso nudo, con i calzoni tirati su fin sopra il ginocchio, si disponeva una parte della rete sulle spalle: come un tabarro; ordinava l’altra parte in ciocche stese dal peso dei piombi, in modo che non si sovrapponessero ed entrava in acqua. Le onde di sabbia del fondo si scomponevano in nugoli nebbiosi tra i suoi pedi quando: con un passo di danza si voltava verso di me facendo oscillare le ciocche che poi lanciava a mezz’aria roteando come un atleta nel disco olimpico di tiro del martello; La rete si stendeva nell’aria simile ad un telo mosso dal vento ed entrava in acqua.

--Si pescavano boghe,piccole sogliole, tracine dai pungiglioni pericolosi,triglie; una volta anche un ragno (branzino)—Gianni ha recuperato una tavola di rovere che non era mai riuscito ad impiegare, è dello spessore giusto e la sagoma di cartone è molto simile.

 La chiglia è ricavata da una tavola di mogano comperata da Bellotti: famoso rivenditore di legnami alle porte della Brianza; sui disegni il nostro sconosciuto amico riporta queste indicazioni ”in legno di olmo omogeneo o rovere o mogano, spessore al centro, all’apertura per la chiglia mobile, mm51 rastremata a 45 in avanti e addietro mm38” Passando poi ai disegni della sezione longitudinale è possibile fissare una sagola tra i due estremi in rappresentanza della linea di fede che divide la chiglia in superiore ed inferiore e riportare le misure della sella interna dove sarà avvitato ed incollato il paramezzale: sporgente oltre lo spessore della chiglia, largo 102mm e spesso 20mm che verso prua finisce sagomato secondo la piega del fasciame. La parte inferiore arriva a poppa dove verrà tagliata in seguito a filo dello specchio e segue una curvatura “avviata” alle forme della ruota di prua (la grande curva del dritto). Le misure dei disegni riportano le mete di distanza ad ogni cambiamento di forma e dividono il pezzo in otto parti, la tavola così risulta ben più larga del pezzo finita e dimostra quanto siano state utili quelle sagome  nell’acquisto dei legni, fatte in attesa che il geometra finisse di mettere la porta al garage. Adesso occorre una bindella (sega a nastro caratterizzata dalle due grandi ruote che indirizzano e trascinano il nastro di acciaio dentato che taglia). Nella legnaia di Gianni ce n’è una: ha la struttura in fusione di ghisa con i piedi a forma di zampe d’animale, le due ruote che governano il nastro della sega sono a raggi attaccati con la forgia, sui pignoni due vasetti di vetro contengono il grasso che viene spinto dentro avvitando il tappo. I coperchi sono forati da sagome artistiche fine secolo, una grossa cinghia piatta e larga con la dentiera di chiusura in ottone collega i rotismi alla presa di forza di un vecchio trattore. E’ stato inutile regolare la cassetta di scorrimento del nastro: avvicinando le rotelle  e stingendo la pinza rifoderata di cuoio, il nastro si sposta sulle pulegge che oscillano nelle bronzine; la forma finale ha un contorno ondulato che debbo sistemare con la pialla e l’olio di gomiti. Nei giorni successivi cerco un falegname che con la mortasa: una specie di fresa assomigliante ad una punta di trapano che fuoriesce sul lato da quelle pialle moderne, gli chiedo di aprire il passaggio della deriva mobile. Lo specchio di poppa è un bella tavola di mogano che ho già deciso di passare con la vernice trasparente “di sezione quadra mm19 avvitata al dritto di poppa, scanalata per un remo di bratto e sagomata al coronamento” lo faccio tagliare da falegname che ho trovato; il disegno dello specchio è riprodotto a metà in scala 1:1, nella stessa scala sono  anche riprodotte le sagome del dritto e del calcagno che finiranno con l’essere fatti con il rovere rimasto dalla realizzazione della prua.

Composti ed incollati con la moderna resina della Veneziani e tenuti assieme da una infinità di morsetti di ferro hanno l’aspetto dei resti del grosso pesce che galleggia alla fine della romanzo “IL VECCHIO ED IL MARE”.



12/12/2008 Franco Favilla
francofavilla@libero.it

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