NUMERO: 1836311903 | Lug - Dic 2012
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Racconti

LETTERA A MARIO

Oliver
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Caro Mario,
 
da 12 anni  sono un semplice proprietario di un  - credo ormai trentennale – 4.20 (in società con un amico), una deriva che tengo a Bellano sul Lago di Como.
Però nel 2000, ancora fresco di corso, mi sono fatto tre settimane in Grecia, con mia moglie, su “Effemera”, armata da un caro amico – “Capitano, mio Capitano!” –  Paolo   http://guide.supereva.it/letteratura_gastronomica/interventi/2010/02/intervista-a-paolo : uno splendido Caribbean 35 piedi della premiata ditta Sparkman & Stephen.
Un’esperienza bellissima e indimenticabile (tra l’altro ho imparato anche a farmi una doccia completa con meno di 2 litri d’acqua, sfruttandola goccia a goccia!), dove dal secondo all’ultimo giorno di navigazione abbiamo sempre avuto un forte meltemi che diventava forza 6-7 nel pomeriggio (noi ovviamente partivamo prima dell’alba e trovavamo approdo poco dopo metà giornata e del “forza 6” subivamo solo la “coda” mentre ci si riparava in rada!).
 
Altre esperienze marine non ne ho... Però è bello sognare. E, caro Mario, a leggere gli scritti tuoi e degli altri pivieristi si sogna!
 
Ad esempio, mi piacerebbe, fra un po’ (rimando sempre il momento della patente nautica per mancanza di tempo)...  prendere una barchetta come il Piviere e, dopo qualche vacanza per farmi esperienza in Toscana, scendere la Costa Azzurra e risalire il Rodano, a tappe, un pezzo alla volta ogni anno. Per poi magari in un decennio arrivare per canali in Olanda o attraversare la Manica e costeggiare la Cornovaglia arrivando a Bristol, da amici, pure appassionati velisti. Da due lustri tengo appesa, dietro la mia scrivania di casa, un cartina VNF – Voies navigables de France... e sogno!
Ho l’amico Paolo che proprio di questi tempi ha messo in vendita la sua Effemera in quel di Lefkas. Ma trattandosi di un 35”, per ogni manutenzione, gli dovrei sempre dedicare molto del mio tempo... meglio il parsimonioso Piviere come lo decantava Mancini!
 
‘ironia è che io, da che mi ricordi, soffro di mal di mare, magari in modo non eclatante, ma è comunque una situazione di continua nausea. Quando però una cosa piace – come l’andare per acqua – sono sempre un temerario e accetto anche di vivere con un certo livello di nausea pur di andarci.
Mi capita quando esco con la mia deriva: torno a terra la sera e... incomincio a sentirmi “il mal di terra” (mi han detto che si chiama così!) quando mi siedo per cena. Mi capita quando vado a fare le immersioni dalla barca, quando vado in kayak, in rafting, in hydrospeed... Insomma: ormai ci ho fatto l’abitudine e non prendo neanche più le pastiglie.
Per i primi giorni, su Effemera, avevo provato il cerotto alla scopolamina, ma non mi stava attaccato e avevo dovuto appiccicarlo con una fascia di cerotto aggiuntivo. Al terzo giorno di mare mosso avevo dovuto sporgermi dalla falchetta, sottovento e... liberatomi, avevo detto agli amici: “mi sono schiarito la voce!”. Solo in serata, convinto da mia moglie al cambio di cerotto, avevamo scoperto tra l’ilarità generale che l’avevo messo al contrario e quindi non aveva fatto effetto per quel motivo! E da quel momento in poi avevo anche deciso di farne a meno: se avevo affrontato i primi giorni di quel mare senza copertura di scopolamina, scoprendo che non era poi così terribile avere un po’ di nausea in pianta stabile, mi bastava vivere le esperienze nautiche - uniche e interessantissime – per non pensar troppo al mal di mare; e poi, un pezzo di pane secco aiutava a tener a bada la salivazione...
Poi ho capito: per natura devo avere il “labirinto” molto sensibile e ogni uscita in acqua – anche se di poche ore – la smaltisco appieno solo dopo un paio di settimane di terra. Quindi, ho concluso, vale di più la pena farmi una mese di navigazione (e 15 gg per il recupero dell’equilibrio) che solo qualche misera ora di barca e poi due settimane di “mal di terra”. Giusto, no?
 
Da bambino – intendo negli anni ‘63-‘66 – andavo coi miei tra Molino a Fuoco e Capo Cavallo, nel comune di Cecina (credo che adesso la zona si chiami Mazzanta, proprio a ridosso del Bar Tahiti, che purtroppo vidi bruciare un dopo pranzo negli anni ‘70 il giorno che, passato ormai un decennio, eravamo tornati – babbo, mamma e io – a trovare gli amici di un tempo). Stavamo alloggiati in un bungalow nella pineta, con tanto di concessione demaniale, che ci veniva affittato da persone di Siena. In una valletta a fianco, sempre nella pineta, annualmente venivano a campeggiare – anche loro con regolare concessione – un folto gruppo di “bresciani”, con Ago – Agostino – un giovanotto atletico con grandi doti di apneista, che raccoglieva i ricci dagli scogli antistanti e faceva fare grandi scorpacciate a tutti.
In totale ci ho passato almeno 4 o 5 mesi della mia vita. Ed è forse uno dei motivi per cui chiamo babbo mio padre, a differenza degli altri della mia zona che usano il termine francese “papà”!
La Toscana mi è sempre rimasta nel cuore. In effetti nel ‘62 avevo iniziato con Marina di Donoratico e – dopo la parentesi successiva alla Mazzanta – ero stato ancora nel ‘72 e nel ‘78 a Bibbona, questa volta in campeggio.
Ci sono tornato l’anno scorso, a Marina di Castagneto, in camper, con moglie e figlia (allora di 8 mesi). E ci torneremo ancora.
 
Quindi, caro Mario, mi segno con piacere il tuo cellulare e la località. Se nei prossimi anni siamo nei paraggi, vedo di chiamare e di fare un salto - se non disturbo – a vedere il Piviere “migliorato”.
Mi spiace di non avere capacità nautiche per provarlo, al momento, sia come esperienza che come allenamento. E neanche la possibilità di farti una proposta economicaMi limiterò a sognare...
 
Ho dato un’occhiata al tuo sito personale e l’ho trovato avvincente. Ritornerò ancora a riguardarmelo... nelle fredde e brumose sere invernali qui al nord!
 
Grazie ancora, a presto e buon vento!
 
Oliver (54 anni)


30/10/2012 Mario Volpini
v.maryone@libero.it

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