NUMERO: 1836311903 | Lug - Dic 2012
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Oh - Issa! Le canzoni di lavoro dei marinai.


"...
<Barbecue, regalaci una strofetta!> gridò una voce.
fece eco un altro.
disse Long John che osservava la scena, con la gruccia sotto il braccio. E d'un tratto venne fuori con quell'aria e quelle parole che io conoscevo fin troppo bene:

Quindici uomini sulla cassa del morto!
E l'intera ciurma rispose in coro:
Yo-ho-ho... e una bottiglia di rum!
Al terzo "ho" spinsero con grande lena la barra dell'argano [...] Presto venne issata l'ancora, che penzolava già dalla prua e le vele incominciarono a tenderdersi..."
da L'isola del tesoro di L. Stevenson

Sea Shanty: le canzoni di lavoro che cantavano i marinai, dal francese "chanter", ovvero cantare.
Quando i muscoli erano l'unica forza motrice a bordo delle navi, questi canti assolvevano ad uno scopo praticosincronizzare i movimenti dei marinai durante compiti pesanti e ripetitivi. Allo stesso tempo avevano anche lo scopo di alleviare noia e fatica del duro lavoro, di questi uomini che trascorrevano una vita il più delle volte infame e penosa.
Copyright National Maritime Museum

maker: Alan Villiers - 1938
Si tratta di canzoni le cui trascrizioni odierne risultano spesso imprecise e "ballerine", ma non perchè se ne sia perduta la memoria esatta (o forse non solo per questo), ma anche perchè erano canzoni cantate e vissute da tutte le comunità anglofone del globo, distanti molti fusi orari tra di loro.  
Le canzoni, frutto della tradizione popolare e dalla creatività collettiva di marinai il più delle volte analfabeti, partivano da un porto del'Inghilterra o degli Stati Uniti, facevano il giro del mondo insieme a quei marinai, i quali navigando si incontravano con altri uomini, altre orecchie.
Inglesi o americani, australiani o indiani dell'emisfero sud. Tutti parlavano inglese, ma non era proprio lo stesso inglese.
Da orecchio a orecchio, da nave a nave, da latitudine in latitudine, le parole si trasformavano e spesso cambiava anche il motivetto melodico a seconda se venissero cantate nei docks di Bristol o sul ponte di una nave salpata dal Newport. Ad esempio, della canzone - Heave Away, My Johnny! – del film "Moby Dick" (della quale riporto il link al filmato) ce ne sono almeno quattro versioni.
In fondo non erano importanti le parole quanto l'incedere ritmico del suono e il risultato dato dalle braccia dei marinai. Di questo tipo di canzoni ce n'erano di diversi tipi a seconda dei lavori che bisognava fare: per lavori rapidi, oppure per lavori molto pesanti o ancora per lavori molto lunghi. Ogni tipo di attività aveva le sue shanties di riferimento!
Copyright National Maritime Museum
maker: Alan Villiers - 1938

Nei paesi anglosassoni, come nel mondo della marineria francese, esiste una particolare attenzione per la tutela e la memoria di questo vero e proprio patrimonio culturale. Navigando per il web ho incontrato alcuni siti che pubblicano, oltre alla trascrizione dei numerosi testi, anche dei documenti sonori molto interessanti.
Canzoni recuperate nel secolo appena trascorso dalla memoria di anziani marinai, gli ultimi che avevano vissuto ancora l'epoca del lavoro fisico prima che la forza motrice della macchina a vapore sostituisse le braccia degli uomini sugli argani.
Heave Away, My Johnny! Forza tira, Mio caro Johnny!

Riporto un paio di link in lingua inglese sull'argomento, oltre a Wikipedia:
http://shanty.rendance.org/index.php
http://www.jsward.com/shanty/index.shtml
P.S.
In Italia, una trentina di anni fa, c'è stato un lavoro di recupero dei canti tradizionali popolari marinari
da parte di Michele Luciano Straniero insieme a Antonio Virgilio Savona del Quartetto Cetra, in un testo che probabilmente uscito di stampa (I canti del mare nella tradizione popolare italiana, Mursia, 1980).


27/08/2011 Amikus
dinghymirror@gmail.com


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