NUMERO: 1836311903 | Lug - Dic 2012
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Racconti

Il Piviere e il Delfino


Il mare nasconde le sue verità in superficie

Un Piviere giaceva sonnacchioso accanto ad una spoglia riva, nella quiete lacustre. In lontananza i rumori attutiti, permettevano di riflettere a fondo i propri pensieri. Ripensava ai suoi trascorsi, a come era giunto in quel luogo e quando.

Sapeva di non essere del posto. Si sentiva diverso. Gli piaceva ricordare una frase di un saggio: "nel mondo ma non del mondo". La sua diversità non era tanto esteriore quanto interiore. Percepiva sempre come qualcosa d'altro gli stimoli che gli arrivavano.
Certe giornate desiderava partire. Lo stimolo arrivava forte ed impetuoso. Allora volgeva lo sguardo a sud ed intravedeva in lontananza alte montagne. Avrebbe voluto scavalcarle d'un balzo, ma subito lo sconforto lo assaliva.
Come oltrepassare quei rilievi quando la propria natura era quella di strisciare sull'acqua? Disperato volgeva lo sguardo
sugli amici alati e si stupiva del fatto che pur essendo dotati della propulsione aerea non se ne andassero da quel luogo.
La disperazione lo assaliva e per resistere si ripeteva che doveva accettare il suo destino.
Buon viso a cattiva sorte, e gioire del presente.

Un mutamento era in atto. Si rese conto che il livello d'acqua si stava assotigliando. Dopo alcuni mesi la sua pinna toccò con ribrezzo il fondo melmoso.
Cercò di ribellarsi, ma non poteva vincere da solo le forze della natura. La disperazione lasciò il posto a qualcosa di peggiore. Si rassegnò al suo destino. Smise di sognare.
Volse lo sguardo a nord per non voltarsi mai più.

Passarono gli anni e nulla avvenne perchè mutasse nel suo intento.

Poi avvenne qualcosa di straordinario. Gli antichi sostengono che la guarigione avviene in un secondo. In quel preciso momento in un corpo malato avviene qualcosa di particolare che fa invertire la rotta. Quello è il momento della rinascita. Poi possono passare anni prima che si manifesti del tutto ma è solo in quel preciso istante che è racchiuso tutto il dopo.

Avvenne così anche per il Piviere. Ne ebbe la percezione e non la lasciò sfuggire. Una scintilla era pronta per accendersi.
Ci volle parecchio tempo, ma la speranza mantenne asciutta la flebile fiammella.

Tutto accadde velocemente, prima alcune sporadiche pioggie. Temporali seguirono incessanti. Il livello dell'acqua prese a salire. Arrivò al punto che le cime d'ormeggio si tesero allo spasimo. Fu il momento più doloroso. Come carne strappata dal proprio costato.
Alla fine cedettero e fu finalmente libero.
La libertà all'inizio è sempre dolorosa. Una nausea lo assalì ma non ci fu tempo per riflettere.
Gli eventi ebbero la precedenza sui suoi pensieri.

Una corrente lo sospinse verso est senza che potesse fare nulla per deciderne la direzione. Si lasciò soccombere da quella forza di cui non conosceva il destino.
Il sole ad ovest lanciò l'ultimo barlume della giornata e poi fu buio. Non poteva arrestare la sua corsa e nell'oscurità la curiosità lascio il posto alla paura.
Scorse con stupore una fenditura tra quelle che riteneva montagne insormontabili. Nella fenditura un corso d'acqua scorreva sinuoso. Era il suo percorso che lo aspettava chissà da quando.

L'alba disvelò le rive rigogliose di un biondo corso fluviale. Il Piviere scendeva sicuro verso sud.
Cercò di ricordare se quella era stata la strada che lo aveva portato nella sua prigione lacustre, ma non riconobbe nulla di famigliare. Prossimo alla sua prima notte in libertà, scorse le luci di una grande città. La oltrepassò nel frastuono cittadino, ammirato da grandi muraglioni e da ponti monumentali.

La nuova alba fu indimenticabile.
Una grande distesa infinita e maestosa si rivelò davanti alla prua. All'orizzonte nulla, se non nuvole, basse e in lontananza. La paura lo assalì di nuovo ma questa volta in modo diverso. Un tremore diffuso e imperscrutabile. Come qualcosa di bello ma irreparabile.

Tornare indietro.
Sì, lo desiderava con forza. Perchè si era lasciato vincere da stupide emozioni?
Quella distesa infinita era troppo per lui.
Ne sarebbe uscito sconfitto e presto.
Ma come ritornare indietro quando già si è compiuto troppi passi.

Ci fu un monento di stasi.
Le onde si fermarono e l'acqua assunse una forma oleosa. Una calma densa in un silenzio irreale.
Pensò di essere giunto al suo limite. Ritenne quella calma irreale, come il prologo della sua fine.
Tutto rimase in bando. Ma la quiete nascondeva una tensione crescente.
Allo stremo decise di accettare ogni cosa sarebbe arrivata.
Ma non arrivò nulla.
La paura giunta al suo parossismo lentamente svanì.
Un delfino ruppe quel tempo sospeso con un salto davanti alla prua.
Le gocce salamstre lo riportarono alla reltà del presente.
La brezza fece svanire quei foschi pensieri.
Il delfino davanti, salto dopo salto, prese a tracciargli la rotta.

Nel mondo ma non del mondo, adesso lo capiva veramente.
Il segno del suo passaggio fu una flebile scia che lentamente spariva.


17/04/2009 Gabriele Mantovani
gabriele.mantovani@fastwebnet.it

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