NUMERO: 1836311903 | Lug - Dic 2012
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Strani tipi di conversioni


Tempo fà, ho trovato su una rivista, la storia di un signore che aveva rilevato, quasi per caso, l’ordine di costruzione di un grande gozzo a motore da un cantiere che costruiva barche da pesca in legno.  Dopo le prime crocere, aveva avuto l’occasione di avvicinare la costa sarda e assistere alle regate della vela latina. In  breve il motorista in questione, ispirato forse da qualche lettura sovversiva dedicata alla vela latina, affascinato da tutto l’insieme, si era fatto costruire un albero idoneo e aveva armato il suo barcone con una attrezzatura a vela latina che trasformava il tutto in un bellissimo veliero. Certo, i raffinati cultori della ortodossia navale, della tradizione severa, criticavano quello che era un adattamento di una costruzione moderna, nei confronti delle necessità di uso (crociera) e manutenzione dell’armatore, ma le foto davano delle splendide sensazioni. È strano , ma a volte i puristi riescono a far scomparire quello che vorrebbero proteggere. Qualche anno prima, incuriosito proprio dalle notizie delle regate di Stintino e del ritorno in vita dell’armo tipico del mediterraneo, ero andato a Livorno durante un trofeo accademia e,ad  uno stand dedicato al turismo in Sardegna chiesi, appunto, qualche notizia sulla vela latina. I due gaglioffi  presenti mi rifilarono tutto il materiale pubblicitario che avevano e poi, con l’aria dei cospiratori, tirarono fuori un libriccino che mi misero sotto il naso, convinti che glielo avrei tirato dietro. Invece, lo sfogliai, mi piacque e lo comprai. Si trattava di “Navigare a vela latina” di Luigi Scotti, un ingegnere appassionato di queste barche. Su questo  libro ho trovato un capitolo dedicato a come riarmare un vecchio gozzo e farlo tornare alla bellezza della vela, anche se è stato costruito pensando unicamente alla navigazione a motore. Chissà che non sia stato proprio questo libro a convincere il signore di cui parlavo prima.

Perché racconto questo? Perché ci sono un sacco di gozzi semiabbandonati,   di dimensioni da circuito di piccola nautica, che potrebbero essere usati per veleggiate giornaliere, invece che solo per calare palamiti o fare pesca dilettantistica in genere.

Al gozzo da pesca sono legato affettivamente, mi hanno portato a calare le reti quando ero bambino, ho imparato a remare prima sul gozzo (faticosissimo) e poi sul patino. L’esperienza a vela è arrivata da adulto e con le derive. Mi è rimasta la voglia di provare a portare una vela latina, che immagino abbastanza difficile rispetto all’amo marconi, specie per le virate. Prima o poi riesco a trovare un armatore e mi intrufolo nell’equipaggio o mi nascondo come clandestino. (quest’ultima cosa la vedo dura).

Il riarmare una barca, nata diversamente, non è cosa sicuramente facile, ma può essere un esercizio di soddisfazione per gli appassionati di bricolage e autocostruzione, può essere un modo per capire se uno può costruirsi completamente il barchino dei Suoi sogni. E in questo caso, l’impegno economico sarebbe ridotto al minimo. E i risultati? Possono essere splendidi.

Volete un altro esempio? Avete presente la Star, il monotipo da regata costruito originariamente in compensato a spigolo a armato con vela aurica? Quelle che si vedono oggi sono in plastica e con l’armo marconi. Ma se uno gli capitasse di trovarne una vecchia in legno, magari senza l’albero, pagandola una sciocchezza, che cosa potrebbe fare? Guardate un po’ queste foto. È vero, qui c’è un architetto che ha fatto i calcoli ed un cantiere che voleva farne un affare commerciale, però non credo sia impossibile arrivare ad un risultato simile.

(La foto è tratta da yacht digest n. 63 marzo 1994)


 

Veleggiate, fratres, veleggiate voi che potete!

 



13/03/2009 Alfredo Vincenti
vinceland@virgilio.it


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