VELA AURICA & piccole barche classiche


GRAN LASCO
(parole &pensieri)





immagine tratta da ciclistica.it

Cosa c'entrano le barche con le biciclette? Oggettivamente c'entrano poco, salvo che per me: sono i due mezzi di trasporto che preferisco. Con la differenza che in barca ci vado solo d'estate, mentre la mia bicicletta la uso tutti i giorni e, quando ne ho voglia, l'ho sempre a portata di mano per farci qualche lavoretto.
Però ... però qualche considerazione sulle biciclette può aiutarmi a far comprendere meglio le mie idee sull'"innovazione" nella nautica.
Fino a una sessantina d'anni fa tutte le biciclette normali, quelle d'uso comune, avevano i freni a bacchetta. Si tratta di un sistema molto semplice e, credo, noto a tutti: tirando il freno, si tira su una bacchetta di ferro, che termina con una forcella ad U, cui sono attaccati due pattini che fanno attrito sulla parte interna del cerchione. Si tratta di un sistema solidissimo, efficace, affidabile e che richiede pochissima manutenzione (che può essere svolta da chiunque).
Ad un certo punto sono apparsi i freni a filo d'acciaio. Tali freni presentano il vantaggio di pesare qualche grammo in meno di quelli a bacchetta. Ciò è di qualche utilità per l'uso sportivo. Questi freni sono inoltre probabilmente più economici (si usa meno ferro). I freni a filo sono tecnicamente più complessi di quelli a bacchetta, sono dotati di più parti soggette a rottura (i fili, le ganasce e le molle che servono per azionarle), richiedono continue regolazioni (perché il filo tende con l'uso ad allentarsi), mentre la manutenzione talvolta richiede l'intervento di un ciclista.
I freni a filo sono "innovativi" e sono quelli oggi normalmente usati, ma le loro caratteristiche positive non sono apprezzabili dal normale ciclista (che non si accorge di qualche grammo in più o in meno di peso, mentre il costo aggiuntivo delle bacchette è sicuramente modesto per unità di prodotto). Identico discorso vale per gli ancor più innovativi freni per bicicletta a disco, in taluni casi muniti di circuito idraulico (analoghi a quelli delle motociclette), che non presentano neppure il vantaggio del minor costo.
Morale: l'innovazione di solito migliora i prodotti, ma vi sono casi in cui il cosiddetto progresso non li migliora affatto perché era stato raggiunto in precedenza il livello tecnologico adeguato alle reali necessità dell'utente.
Questa osservazione vale anche per la nautica moderna. Vi sono innovazioni che hanno senso su barche destinate alla competizione e che, spesso, lo hanno solo in relazione a determinati regolamenti di classe, non in relazione alle qualità nautiche delle barche. Tali innovazioni sono state trasferite acriticamente sulle unità da diporto, senza produrre alcun reale vantaggio per l'utente comune, ma solo inutili costi e complicazioni.
Faccio un esempio. Le barche da competizione, alla spasmodica ricerca di qualche mezzo nodo di velocità in più o del guadagno di qualche frazione di grado nella navigazione di bolina, da sessant'anni adottano alberi sempre più alti (vedere in proposito l'evoluzione dell'armo delle barche di Coppa America). Ciò ha determinato: l'innalzamento del centro velico e la conseguente necessità di derive sempre più profonde e zavorrate, la necessità di ricorrere a materiali sempre più sofisticati per la costruzione degli alberi, la necessità di complicati sartiami, ecc., ecc..
La trasposizione di queste innovazioni nella nautica da diporto non ha portato alcun vantaggio reale all'utente comune (se normalmente vado a zonzo per piacere, non ho necessità di guadagnare mezzo grado di bolina, perché solo in regata è previsto il bordo di bolina da stringere il più possibile), ma ha messo loro in mano barche complicate, spesso fragili e poco marine. In alcuni casi si tratta di barche dotate di caratteristiche tecniche assurde, nate per ottemperare a qualche regolamento di stazza, di cui il proprietario della barca non conosce magari neppure l'esistenza e che è stato nel frattempo superato da altri regolamenti.
Occorre invece prendere atto che ormai da tempo nautica da diporto e nautica competitiva costituiscono due mondi che hanno esigenze totalmente diverse. Occorre smettere di costruire barche da diporto che cercano di scimmiottare quelle da regata (che l'archetipo sia quello della Coppa America o delle regate oceaniche poco importa: si tratta in entrambi i casi di modelli che non hanno nulla a che vedere con le esigenze del diportista) e pensare a barche "da tutti i giorni" che si sviluppino (o non si sviluppino, se si tratta di introdurre innovazioni inutili o dannose) per linee proprie, attente alle esigenze di chi le usa. Secondo me, come sanno gli amici che leggono i miei interventi, oggi questo sviluppo significa tornare indietro. Tornare cioè a barche strutturalmente semplici e sicure, che facciano a meno (non come rinunzia, ma perché non ne hanno bisogno) di tanti costosi orpelli.







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