Neo armatori...gioie e dolori !

di L.P.

Le gioie

Ho letto recentemente un vecchio libro di Doi Malingri, antesignano della stirpe dei Malingri anche se forse meno famoso del fratello Franco e del nipote Vittorio, "La regata intorno al mondo" ed. Rizzoli del '75. In questo libro l’autore racconta la prima partecipazione italiana con la barca "CS&RB" alla regata velica intorno al mondo partita da Portsmouth l’8 settembre 1973.

Mi ha molto colpito un passaggio quando Malingri, dopo aver narrato la genesi dell’idea e descritto le fasi del progetto, dalla costruzione al varo, si sofferma sulle emozioni provate nel fare finalmente la conoscenza con la propria barca in mare:

"Ci stavamo impratichendo nelle manovre e cominciavamo a conoscerle bene e a vivere quella sensazione di sapere dove metter le mani, di conoscenza, di possesso del mezzo che diventa una proiezione fisica quasi di te stesso.

E’ lo stesso tipo di sensazione che ho provato quando, da alpino, ho passato 17 mesi con gli sci ai piedi: alla fine non mi accorgevo di averli.

In barca succede la stessa cosa, con una soddisfazione in più: non solo è il proprio corpo che si governa, ma anche la propria casa, il proprio guscio e (in parte) il mare e il vento intorno."

Devo dire che, anche se con le dovute differenze, queste sensazioni le ho provate anch’io nel momento in cui sono diventato un piccolo "neo armatore".

Le differenze con il racconto di Malingri sono fin troppo palesi: la mia barca é solo un piccolo cabinatino per brevi veleggiate costiere non certo una barca per lunghe traversate oceaniche, inoltre non ho avuto la fortuna di seguirne progetto, costruzione, eppure...

...eppure la mia barca é diventata una sorta di dimora personale, un rifugio quasi esistenziale, la proiezione esteriore di una parte interiore di me, in quanto rappresentazione della mia passione più viscerale.

Ogni volta che veleggio con essa, da solo o in compagnia, con vento forte o con brezza leggera, sento che, così come dice Malingri, diventa via via più approfondita una reciproca conoscenza e si rafforza tra noi un legame di fiducia, corrisposto, simbiotico: la mia barca é il motore stesso della mia sopravvivenza in mare.

E’ lei che mi suggerisce, ad esempio, come armare al meglio una vela di prua o come governare con scarsa velocità senza perdere la sensibilità alla barra; come trovare la soluzione più opportuna per stivare l'attrezzatura, per migliorare la vita a bordo, o come regolare al meglio l'armo.

Se trascuro certi segnali che essa mi svela, subito percepisco che le cose non vanno. La barca rallenta, non governa, non vira, va in stallo. Oppure faccio fatica a trovare l’attrezzatura a eseguire una qualsiasi manovra...e viene meno il senso di sicurezza che dovrebbe accompagnare tutti quelli che vanno per mare.

Perciò sono sempre "in ascolto", porgo il mio orecchio (non quello "esterno" ma quello "interno" ) perché la barca, anche se in silenzio, o meglio con un linguaggio tutto suo, ci parla.

La barca si fa conoscere quindi dal suo neo armatore e diviene a poco a poco la proiezione del suo bisogno di sicurezza.

Qualcuno dice che essa rappresenta, per questo, un perfetto oggetto di "transizione", una sorta di allegoria che forse richiama al nostro inconscio più profondo il rapporto simbiotico della vita prenatale nel ventre materno.

 

L.P.

Luglio 2000