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Flavio e Pilar 9  

Le isole dei sogni


 


Percorrendo l'arco delle Antille da sud verso nord come abbiamo fatto noi si incontra, dopo lo stato di Grenada di cui già vi ho parlato, San Vincent che con il suo gruppo di isole, le Grenadine, forma uno stato a se stante. 
Se a Grenada facemmo un tuffo nel profondo della cultura caraibica qui, alle Grenadine possiamo fare tanti tuffi (questa volta veri e propri) nelle più belle e cristalline acque dei Caraibi. 
È proprio qui che troverete le belle spiagge da cartolina con tante palme, l'acqua color cobalto e la sabbia bianca. Infilando la testa sotto l'acqua ancora vedrete pesci, conchiglie e coralli multicolori. Gorgonie che ondeggiano al flusso e riflusso delle onde. Troverete anche tanto bel vento per esaltanti veleggiate, tirando bordi o giocando con lo spi. Butterete l'ancora in baie da sogno che purtroppo si vanno sempre più affollando di barche ma è qui, che ancora potrete scoprire la vostra caletta deserta e giocare al Robinson Crusoe. 
Dedicateci tempo, assaporate a fondo il gusto dell'aliseo che da milioni di anni batte queste isole incantate. La storia le ha viste testimoni di truci battaglie e lotte di potere, rifugio di pirati e di corsari. Basi di pesca alla balena. Centro di commercio di schiavi. 
Le isole che compongono questo gruppo sono molte e relativamente vicine tra di loro che ci permettono di programmare i nostri spostamenti a nostro piacimento scegliendo distanze e rotte che meglio ci aggradano. 
Per i più pigri, e noi ci mettiamo tra questi, si possono fare traversate di una decina di miglia e cambiare di ancoraggio ogni giorno senza dover faticare troppo con le vele. Si può anche fare traversate tra isole più lontane con spostamenti che implicano una giornata intera di navigazione; in questo caso, magari, saltando ancoraggi su cui si può ritornare in un secondo momento. 
Insomma ci si può sbizzarrire alle scotte, al sole, in acqua e......al bar seduti di fronte ai famosi Rum Punch dei Caraibi. 
Non voglio, in questa sede, riscrivere una guida od elencare una sequenza di nomi di ancoraggi e baie. Questo già tanti altri lo hanno fatto e, tra l'altro, coglierei l'occasione per ringraziare Enzo e Rita Russo del Tatanai, carissimi amici e pionieri tra gli Italiani d'oltreoceano, che per primi hanno scritto una guida dei Caraibi in Italiano. 
Si tratta di una Guida succinta ma molto ben fatta, ricca di dettagli e consigli nonostante l'aspetto diciamo non esuberante. Non mancate di portarla a bordo, risulterà un valido aiuto. 
Vorrei invece esprimere delle mie idee e dare qualche consiglio nato dal nostro girovagare in due anni per queste isole. La prima cosa che vorrei dire è di fare attenzione alla navigazione notturna. Se si rende necessaria per qualche lungo trasferimento che sia lontano da coste e bassifondi. Non tentate atterraggi notturni specialmente se non siete già stati in quell'ormeggio. Forse l'unico posto che riterrei sicuro arrivarci di notte è "Admiralty Bay" a Bequia. 
Assolutamente non affidatevi a fari e segnalazioni che vengono riportati dalle carte. Se ci sono la maggior parte delle volte non funzionano o i colori sono cambiati o sono stati spostati. Anche di giorno fate molta attenzione ai coralli che contornano queste isole. Non voglio essere pesante con le solite storie del sole alle spalle all'arrivo degli ancoraggi però, provare per credere. 
Vorrei dire anche una cosa che mai ho visto scritto da qualcun altro. Studiate bene sulla carta e sulla guida l'ancoraggio e l'atterraggio anche molte volte. Arrivateci lentamente e che tutto vi quadri sempre e, se serve, fermatevi a riflettere perchè se qualche cosa non dovesse andare e decidete per un dietrofront il sole, questa volta ve lo ritrovate in faccia. 
Fate anche attenzione alla corrente, sopratutto nei canali tra le isole. Trovarsi a lottare con tre o anche quattro nodi di corrente che ci spinge sui coralli non è simpatico. Per quanto riguarda approvvigionamenti alimentari, qui sono scarsi. 
Con questo non voglio dire che si muore di fame, ma solo che una dieta di pollo e riso dopo un po' stanca. Quindi non cercate troppe raffinatezze oppure compratele altrove o comunque sulle isole più grandi. Se nell'equipaggio riuscite a imbarcare un amico cuoco dotato di estro vi verrà bene, vedrete. 
Magari riuscirà anche a fare un bel risotto alle banane e curry come ho imparato a fare io. Comunque tutto ciò che comprerete sarà caro, mediamente il doppio che in Italia. Non parliamo del vino che vi metterà sul lastrico se non vi abituerete a bere birra. Anche l'acqua è un bene di lusso; non ne troverete ovunque e comunque la pagherete cara. 
D' altronde queste isole, a parte banane e canna da zucchero, non producono quasi niente e tutto viene importato. L'acqua viene raccolta dalla pioggia o ricavata da desalinizzatori. Gli ufficiali delle dogane e uffici immigrazione sono simpatici e disponibili ma ligi al dovere fino all'ultimo punto. 
State alle regole, per altro poche e semplici. Venendo da sud dovrete fare la vostra entrata ufficiale a "Union" anche se troverete prima "Petit S.Vincent" che è forse il più bell'ancoraggio delle Grenadine. Purtroppo li non esiste un ufficio doganale e, quindi, ci dovrete tornare dopo di bolina. Venendo da nord troverete il primo ufficio doganale a "Wallilabou Bay" di S.Vincent. Questa è uno dei più impressionanti ormeggi della zona. 
Arrivateci presto per utilizzare una delle poche boe (gratis) di proprietá del ristorante e portando una cima a terra, legata a una palma. Se non trovate boe libere, sarete costretti a dar fondo su venticinque a quaranta metri portando sempre la cima di poppa a terra. Troverete ragazzini locali che, per pochi spiccioli, vi porteranno la cima e la legheranno loro. Potete farlo voi ma tante volte è meglio non rompere tradizioni che vanno avanti da decenni. 
Certo poi andatevi a controllare il nodo della legatura a terra. Magari dopo per non urtare la suscettibilità dell'improvvisato marinaio. Evitate di pescare con reti o fucili. In tutto l'arcipelago è severamente vietato e ci stanno molto attenti. Potete invece pescare con lenza e a traina in ogni momento. Evitate anche di comprare aragoste dai locali durante l'epoca in cui ne è vietata la pesca (se ben ricordo da maggio a ottobre) che se vi prendono la multa ammonta a cinquemila dollari. 
I mesi migliori per visitare queste isole vanno da novembre a giugno. L'aliseo, durante questo periodo, è al suo massimo e qualche volta, forse, può anche risultare eccessivo. 
Sarete però al sicuro da tempeste tropicali e uragani anche se comunque qui sono rari e vi risparmierete quelle giornate uggiose e calde che talvolta si incontrano d'estate durante il passaggio delle frequenti onde tropicali. 
Durante i limpidi tramonti invernali volgete il vostro sguardo verso ovest e guardate il sole calare oltre l'orizzonte. Con un po' di fortuna e molta pratica riuscirete a vedere il famoso raggio verde dei tropici. 
 


Raggio verde


 


Un lampo, una frazione di secondo, un sogno realizzato. Un sogno fatto di vento, di vele, di mare, di sole e di libertà. Rinfrescati dall'aliseo onnipresente sarete li; voi, la vostra barca, i vostri desideri e il saluto del sole che con la sua strizzata verde vi dice "arrivederci a domani". 
 
 

L'impianto idrico di bordo 

L'utilizzo dell'acqua dolce a bordo è sempre stato motivo di litigi, separazioni, vacanze rovinate, motivi di angustia.
Vediamo allora di imparare a convivere con questo problema, affrontarlo e risolverlo al meglio senza dover vendere la barca o cambiarla per una casa in montagna con tanto di ruscello fuori della porta. 
Sembra assurdo che si decida di vivere la nostra vita sull'acqua con un mezzo galleggiante e dover al tempo stesso cercare di risolvere problemi che sembrano nati per un deserto. Eppure è così e ciò che alla fine scombussola e ci rompe le uova nel paniere è solo un po' di sale. 
Semplice sale che nella storia ha tanto servito e continua a servire l'uomo. Il sale che nei tempi passati è stato motivo di guerre per il suo approvvigionamento ed ora è qui intorno a noi a rovinarci la nostra crociera. 
Queste poche idee che vi fornisco sono dettate dalla nostra esperienza di sei anni di girovagare ai Caraibi e non è detto che debbano a forza incontrare la vostra maniera di pensare e di vedere le cose. 
Innanzitutto vediamo di strutturare il nostro impianto idrico di bordo. 
Il serbatoio, compatibilmente, con la stabilità della barca dovrà essere il più grande possibile ma non dobbiamo assolutamente trasformare la nostra casa in una bettolina. Ovviamente, in caso di una barca non autocostruita, di serie ed acquistata usata, il serbatoio sarà già installato, montato e funzionante. A meno di rotture, problemi strutturali o altri motivi che ci dovessero far optare per una ridefinizione dello stesso in genere teniamo ciò che abbiamo e adattiamolo alle esigenze. 
Il materiale; tanto è stato scritto! chi giura che non esiste altro meglio dell'inox. Chi dice che la plastica ammorba l'acqua e la rende imbevibile. Qualcuno inorridisce al pensiero di un serbatoio di vetroresina. L'alluminio è cancerogeno e si corrode... insomma, indovinala grillo. 
Ritengo, da parte mia che se il serbatoio è ben costruito e ben piazzato nella barca qualunque sia il materiale avrà i suoi problemi, difetti e pregi. Facciamo un paio di esempi. Certi nostri amici sono partiti con una barca che aveva i serbatoi in gomma flessibili sistemati sotto le panche della dinette. Per capirsi, quelli che si gonfiano come palloncini. 
Durante la preparazione della barca hanno a lungo pensato di far costruire nuovi serbatoi in inox. Poi però hanno preferito destinare quelle finanze a qualche altro lavoro rimandando i serbatoi ad un altro momento. 
Io non condividevo l'idea per svariati motivi.
La plastica impuzzolisce l'acqua, crea tante alghe sulle pareti, si rompono facilmente e ci vuole una cura particolare quando si riempiono per non intrappolare aria invece che acqua.
Sono passati cinque anni dalla loro partenza, abbiamo tanto navigato insieme e loro sono ancora con i loro serbatoi. 
Ne ruppero solo uno a Trinidad che rimpiazzarono con uno nuovo spendendo circa 120.000 lire (se ben ricordo). Una o due volte l'anno smontano i loro serbatoi, li lavano e puliscono delle alghe con la facilità che si laverebbe una maglietta e li rimontano puliti come nuovi. Operazione che gli prende massimo due ore. 
Se avessero voluto montare serbatoi inox gli sarebbe costato qualche milione per i serbatoi, lavori di carpenteria per distruzione e ricostruzione delle panche e costruzione dei punti di fissaggio.... insomma tutto è relativo. 
Un altro amico si trovava in Brasile ancorato in un fiume. Il simpatico capitano di un rimorchiatore di passaggio si offrì di regalargli un pieno d'acqua. Accostatosi al rimorchiatore gli fu passata una manichetta (se così poteva chiamarsi) e, con una pompa di bordo, gli fu mandata acqua ad una tale pressione che gli sfiati non furono sufficienti e si fessurò uno dei due serbatoi alla saldatura. Questo accadde perché i serbatoi, per limitare il peso, erano stati costruiti con lamiere di inox molto fini e prone a questo problema. 
È pur vero che il nostro amico (che si era costruito da solo la barca), conscio che avrebbe potuto avere problemi con le saldature, ha fatto in modo che i serbatoi fossero facilmente smontabili ed estraibili. 
Quindi, anche se con un po' di fatica, la riparazione fu possibile e in tempi brevi (poche ore). Qualcuno potrebbe optare che si sarebbero dovuti costruire in maniera più robusta ma il mio amico non la vede così e i fatti (dal suo punto di vista) dimostrano che non ha sbagliato. Per tanti anni ha navigato e continuerà a navigare con serbatoi che pesano un centinaio di chilogrammi in meno, peso che può sfruttare, magari, per caricare cento litri d'acqua in più e se un giorno dovesse lavorare qualche altra ora per riparare un altra saldatura.... pazienza, non gli fa paura. 
Questo solo per dire di fare attenzione a chi dice che solo una ricetta è quella giusta; ciò non è vero, è questione di gusti, di tasche e propri punti di vista. 
Per inciso, noi abbiamo un serbatoio in vetroresina originale montato dall'Alpa vent'anni fa; va bene, contiene trecentocinquanta litri, lo abbiamo lavato due volte in sei anni e non ci ha mai dato problemi. Vediamo ora come tirare fuori l'acqua dal serbatoio. Qui ora mi impunto e dico la mia: pompe a pedale. 
Secondo me non devono mancare e, per chi non vuole fare troppi sforzi, organizzi anche un sistema con autoclave che lavori in parallelo ma, ragazzi, montate tante pompe a pedale. 
Si risparmia acqua, corrente, rumore e soldi. 
Lasciate perdere quelle pompe manuali solidali con il rubinetto; per lavarci i piatti o si è in due o ci si trasforma in polpo. All'inizio eravamo anche noi partiti con l'autoclave e, a dire il vero, l'abbiamo ancora e perché anche quella era originalmente in barca. Una buona autoclave costa dalle cinquecento alle ottocentomila lire. Con la stessa somma si comprano pompe a pedale e ricambi per le stesse per molti anni. Se poi avrete più o meno saltuariamente gente non abituata all'uso parsimonioso dell' acqua in barca state pur certi che finirete per odiare l'autoclave e tutti gli ospiti che vi portate in giro. 
A proposito dell'autoclave vorrei raccontarvi l'esperienza di un nostro amico. 
Partito con la barca da Gibilterra, rotta per le Canarie, dopo poche ore di navigazione si accorgono di avere i serbatoi vuoti nonostante aver fatto il pieno al marina poco prima di partire. Dopo un accurato studio della situazione si accorge che una fascetta, situata a valle dell'autoclave, era saltata e, di conseguenza, l'autoclave aveva vuotato i serbatoi in sentina e la pompa automatica di sentina ributtato l'acqua fuori bordo. 
Nessuno dei cinque membri dell'equipaggio si era accorto di niente perché il rumore delle due pompe era stato coperto dal motore che andava per superare la forte corrente dello stretto di Gibilterra......a voi le riflessioni. 
Veniamo ora all'acqua di mare. 
Quella cattiva e salata acqua di mare. Noi abbiamo una pompa (a pedale e uguale alle altre) che attinge dal mare e attraverso un semplice filtro di quelli da diecimila lire ci porta acqua salata in cucina. I mari dove solitamente navighiamo sono ancora incontaminati e comunque quasi sempre più puliti di tanti acquedotti di città. Noi usiamo l'acqua salata per lavare i piatti, la frutta e la verdura. La usiamo molto spesso per cucinare. 
Per fare la pasta, con una parte di acqua di mare e due dolce, si evita di mettere il sale e va molto bene. Poi noi cuciniamo molte cose al vapore in pentola a pressione e anche qui l'acqua di mare va benissimo. Se poi non siete schizzinosi va benissimo per lavarvi i denti e, a detta di qualcuno, è anche migliore per il contenuto di fluoro. 
Anche la nostra doccia quotidiana si fa con acqua di mare. Sulla nostra plancetta di poppa, un buon bugliolo d'acqua di mare, e un po' di bagnoschiuma o shampoo lava ottimamente e per sciacquarsi .... un tuffo e il gioco è fatto; non dimenticate che ai tropici l'acqua è di parecchi gradi più calda che in mediterraneo. 
Per evitare poi di portare sale attaccato alla pelle sui lenzuoli o cuscini, dopo ci diamo una spruzzata di acqua dolce usando uno di quei dispersori a pressione che si usa nel giardinaggio. Il nostro contiene 12 litri e ci basta per oltre venti docce. Certo ambedue abbiamo i capelli corti !!!!. Veniamo ora al discorso dell'acqua da bere.
Mantenendo i serbatoi puliti si può benissimo bere l'acqua che contengono. Bisogna fare attenzione dove si carica l'acqua. Noi abbiamo un filtro da 5 micron che attacchiamo alla manichetta che utilizziamo per caricare l'acqua. Aggiungiamo poi del cloro all'acqua. All'inizio utilizzavamo l'Amuchina che tutti conoscono. Ottimo prodotto a costo, però, farmaceutico. Ora abbiamo comprato una confezione di cloro (in polvere) per piscine che costa trentamila lire e durerà' per almeno altri tre anni dopo due che già la stiamo usando. Per imbottigliare l'acqua che beviamo la facciamo passare per un filtro al carbone che toglie l'odore del cloro e il gioco è fatto. Questo è l'unico caso in cui usiamo la nostra autoclave perché la pompa a pedale non da la sufficiente pressione (o comunque ne soffrirebbe) perché l'acqua venga spinta attraverso il filtro. Esiste anche un prodotto fabbricato da varie case sotto diversi nomi ed è a base di sali di argento; è un po' caro e non sono sicuro sia reperibile in Italia.
Un amico ce lo portò dalla Svizzera. Il vantaggio di questo prodotto è che assicura sei mesi di sterilizzazione dell'acqua al quale è stato aggiunto. Il cloro, invece, come tutti sappiamo, evapora con il tempo a volte dopo pochi giorni. Questo fa si che, con il cloro, se dopo aver consumato mezzo serbatoio e passato magari un po' di giorni si rimbocca e si riempie lo stesso, bisognerebbe di nuovo aggiungere la dose per l'intero volume del serbatoio. Però con quel che costa questo non è un problema.
Veniamo ora all'approvvigionamento dell'acqua. 
Venendo dall'Italia, un paese così ricco di acqua e così buona, non ci rendiamo conto quale ricchezza sia tale acqua. In quasi tutti i paesi dei Caraibi l'acqua se non scarsa è comunque un bene di valore. Innanzitutto vorrei dire che dovremo dimenticare quello che da noi si chiama acqua minerale. Ovunque troverete acqua "purificata" che è semplicemente acqua dell' acquedotto che locali aziende purificano con comunissimi filtri e imbottigliano, rivendendola, spesso, a prezzo di vino d'annata. 
A parte il costo, a volte si potrebbe ritenere dubbio anche l'originale igiene degli impianti di lavorazione, l'efficienza dei filtri, la pulizia degli ambienti di lavorazione. Inoltre, molto spesso questa acqua viene diffusa in bottiglioni di plastica riusabili che dovrebbero essere rilavati ad ogni uso dopo che sono riconsegnati dall'utilizzatore; come verranno lavati ? come saranno stati usati? meglio non pensarci. 
A parte questa possibilità per approvvigionarsi di acqua "purificata", ai Caraibi si può fare acqua nelle marine, in molti distributori di benzina, o anche molti bar e ristoranti mettono a disposizione rubinetti per il rifornimento. 
Questo è sempre un servizio a pagamento e, con contatore o ... a occhio e croce, pagherete l'acqua che utilizzate o che vi portate via. In molte isole come Antigua, Santa Lucia e Grenada il costo è alto o perlomeno tale considerando che si tratta di semplice acqua. 
La qualità è sempre più o meno accettabile e molto spesso con forte odore di cloro. Però è vero che è meglio il cloro della salmonella. Noi fino ad ora abbiamo sempre bevuto questa acqua, trattata come vi avevo detto, e non ci è successo niente. 
In fondo quanto ci andiamo a gustare al bar uno dei tanti "rum punch" famosi ai Caraibi non stiamo a guardare che ghiaccio ci mettono !!! e allora occhio non vede cuore non duole. Nonostante tutto ciò la nostra migliore fonte di approvvigionamento di acqua da bere viene dal cielo. 
L'acqua piovana, raccolta ovviamente sotto il cielo non inquinato dei Caraibi, è la migliore e più sicura fonte di acqua da bere. Noi da sempre la raccogliamo con un grande tendalino studiato all'uopo e mantenuto pulito. Durante le piogge (e ai tropici piove spesso) lasciamo scorrere la prima acqua, poi via a riempire tutti i contenitori per acqua da bere e, una volta pieni, mandiamo il resto nel serbatoio. Ripeto che queste sono le soluzioni alle nostre esigenze, del nostro portafoglio e maniera di vedere le cose. 
In alternativa a quanto sopra si possono avere filtri con sterilizzatori UV che consumano 4 Ah e costano un milione. Desalinizzatori alimentati da generatori, dal motore principale o anche a 12 volt. Costano da tre a decine di milioni, necessitano manutenzione, devono funzionare tutti i giorni altrimenti vanno trattati con prodotti chimici e i ricambi non si trovano mai. 
Abbiamo poi gli scaldabagni per produzione d'acqua calda che funzionano a scambio di calore e/o elettricamente, si possono bucare per corrosione danneggiando, in tal caso, il motore principale e ad, occhio e croce occupano il posto, in volume, di dieci casse di birra. 
Sta a voi decidere in base alle vostre esigenze, alle vostre tasche e alla voglia di lavorare a bordo invece di navigare e godervi il sole e le isole. Non voglio con questo additare nessuna scelta che non sia uguale alla mia. 
Se decidete di andare a navigare per lo stretto di Magellano e installate uno scaldabagno, mi sembra una scelta più che sensata .... magari non monterete il frigorifero che a me, invece, da sempre grattacapi ma a cui non so rinunciare. 
Bene ragazzi per il momento vi salutiamo e vi auguriamo buon vento e una felice estate. 
Flavio e Pilar.

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