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Flavio e Pilar 9  
Le isole dei sogni


Partiamo da "Segret Harbour", Grenada con le ultime luci della sera, che ci permettono di destreggiarci tra i reef all'uscita della baia. Sono molto insidiosi ma oramai li conosciamo come le nostre tasche e, soprattutto, il canale principale è indicato da boe. Ci teniamo larghi da un' isoletta che forse sarebbe meglio chiamare un grande scoglio. Poi rotta diretta sulla penisola del Paria in Venezuela. Siamo abbastanza eccitati, sarà il nostro primo contatto con il Venezuela. Da sempre l'America Latina ha destato in me una attrazione particolare e finalmente, eccoci, domani ci saremo. Siamo partiti di conserva con il "Grande Zot" che oramai da quindici anni incrocia le acque del Caribe e può considerarsi un pioniere fra gli Italiani. Giancarlo e Pupa sono due persone fantastiche e un'allegra compagnia. Saranno indimenticabili le serate passate in pozzetto con loro a parlare del più e del meno accompagnate dai famosi Ti Punch della Pupa. Ore di serenità e amicizia fatta di semplicità, allegria e voglia di vivere. La notte cala lasciandoci sotto un cielo scintillante di stelle e un dolce aliseo che ci spinge su un mare calmo. Una di quelle situazioni idilliache che poche volte capita di poter sfruttare. Una perfezione di elementi che ci fanno sentire bene e in pace con il mondo. Noi e la nostra barca che va sola verso il porto che noi sogniamo, il vento che ci accompagna dolcemente, il mare che ci culla quel minimo senza infastidirci, le vele gonfie di aliseo, due amici a tiro di VHF con cui scambiare due parole ai cambi di turno. Il vento ci accompagna per tutta la notte sempre più o meno costante. Alle prime luci dell'alba siamo in vista della costa del Paria, il Venezuela. Ancora due ore ed entriamo nella baia di Puerto Santos, larga oltre un miglio e totalmente riparata dall'aliseo. È formata da una lingua di sabbia, esattamente semicircolare, che protende dalla costa rocciosa. Il fondo di fango è buon tenitore e degrada dolcemente fino alla spiaggia lungo la quale sorge il villaggio di pescatori che contorna tutta la baia. L'acqua è sporca, di un marrone che sembra fango e puzza in maniera incredibile. Il fatto è dovuto ad una fabbrica di lavorazione delle sardine che scarica i rifiuti direttamente nella baia e noi siamo capitati in piena stagione di lavorazione e pesca. Questo piccolo problema tecnico, comunque, non oscura l'incanto del posto. Lungo tutta la baia sono ormeggiate decine di barche da pesca Venezuelane, sulla riva è un continuo brulichio di gente indaffarata. L'intera baia sembra invasa dai pellicani attratti dagli scarichi della fabbrica di sardine. Venendo da Grenada la prima tappa, geograficamente ovvia, sarebbe dovuto essere l'arcipelago delle "Testigos" ma li non esiste un vero e proprio posto di frontiera.

Testigos

Non è possibile, quindi, fare l'entrata ufficiale nel paese. Esiste comunque un distaccamento militare locale che controlla i documenti e rilascia un permesso per due o tre giorni alle barche di passaggio. Questo gruppo di isole è talmente bello che vorremmo passarci almeno due settimane. Questo è il motivo della nostra scelta di andare prima in costa dove provvedere a fare i documenti di entrata al paese (cosa peraltro abbastanza laboriosa in Venezuela) e, ovviamente, provvedere al rifornimento della barca di prodotti alimentari e... combustibili (a buon mercato) per andarcene poi a Testigos. Una volta espletate le formalità di entrata non c'è limite al tempo di permanenza nell'arcipelago. Qui a Porto Santos provvediamo a cambiare dei soldi (al cambio nero) da certi conoscenti di Giancarlo e Pupa e poi prendiamo un bus locale che in mezz'ora ci porta a Carupano. Questo è il porto ufficiale di entrata e si trova a circa dieci miglia sottovento a Porto Santos. Ci si potrebbe andare con la barca ma si tratta di un ormeggio rollante, scomodo e non molto sicuro per barche a vela, quindi lo evitiamo. Iniziamo la nostra tiritera tra ufficio doganale, immigrazione, capitaneria di porto, ufficio delle tasse per le marche e via dicendo. Un paio di bus e anche un due chilometri a piedi. Siamo fortunati e in giornata stessa riusciamo ad avere il nostro permesso di navigazione e passaporti firmati. A volte non tutte le cose vanno così dritte, capita che l'assenza di un funzionario o la mancanza di un modulo o altre stupidaggini faccia si che arrivi l'orario di chiusura degli uffici e ... "usted regrese manana". Torniamo in barca, dove la Pupa e Pilar ci aspettano per friggere un secchio di sardine che certi pescatori gli avevano regalato. Il giorno seguente provvediamo a fare il pieno di Gas, Benzina, Gasolio, birre, rum e tanti prodotti freschi che qui costano molto meno. (Allora la benzina e il gasolio costavano circa 25 lire al litro e una bombola di gas da dieci litri si riempiva con 300 lire). All'alba del nostro terzo giorno in Venezuela tiriamo su l'ancora di mattina presto per far rotta sulle "Testigos" che distano circa quaranta miglia e purtroppo le dobbiamo fare di bolina ma con poco vento. Nelle ultime quindici miglia facciamo anche uso del motore per contrastare una forte corrente (due nodi) che ci farebbe scarrocciare troppo. D'altronde dobbiamo assolutamente arrivare di giorno perché non ci sono fari e il passaggio di entrata è abbastanza insidioso per le forti correnti tra le isole. Alle tre del pomeriggio il Grande Zot, che ci aveva lasciato indietro, ci comunica, per VHF, che è già ancorato. Scapoliamo la punta di Testigo Grande e ne vediamo i suoi caratteristici alberi di legno. Ci dirigiamo all'ancoraggio e la Pupa è in acqua pronta ad aiutarci. Il posto è paradisiaco e quasi non crediamo ai nostri occhi. Praticamente l'ancoraggio è una baia nel canale che separa "Testigo grande" e "Iguana". Proprio sulla prima, dal lato sottovento, si trova ciò che localmente è denominata "la cascata di sabbia" Questa è stata creata con il tempo dal vento che solleva la sabbia da una grande spiaggia sottovento e la deposita su un calanco sulla cresta della collina. Da li scivola dall'altra parte creando questo strano effetto. Proprio li sotto buttiamo l'ancora in cinque metri di fondo e la Pupa, a nuoto, ci va a legare una cima agli alberi a terra. Siamo fermi a pochi metri dal "Grande Zot" su un fondo di sabbia con un'acqua così trasparente che possiamo vedere l'ombra della nostra barca. Miriadi di fregate e sule volteggiano sulla nostra testa e pesci multicolori incrociano sotto la nostra chiglia. Davanti a noi vediamo il mare increspato dal vento ma noi ne siamo totalmente riparati. Sulla riva, a pochi metri da noi, un gruppo di capre selvatiche si aggira alla ricerca di erba tenera. Tutto l'arcipelago è formato da quattro isole principali. Tutte sono collinose e ricoperte da una vegetazione bassa e tenace al sole e salmastro. Ci sono tre villaggi di pescatori, una chiesa e una scuola elementare con una sola maestra. Niente telefono, niente elettricità e gli approvvigionamenti e le comunicazioni con il continente sono mantenute dai pescatori stessi quando vanno a portare il pesce per la vendita. Tutto questo è "Testigos". A cinquanta metri si ormeggia un peschereccio locale e un ragazzotto simpatico viene con una barchetta a remi a regalarci un tonno di una decina di chili . Gli diamo un pacchetto di sigarette e un pezzo di pane appena sfornato, va via entusiasta. La Pupa non aspettava altro per provare la sua ultima ricetta cinese pescata non so dove e che richiedeva tonno fresco. Dieci minuti e i filetti sono fatti e poi tutti in acqua a rinfrescarci un poco. Prima di notte arriva un "pegnero" (così chiamano le imbarcazioni locali simili ai nostri gozzi ma con la poppa tagliata per utilizzare il motore fuoribordo). A bordo tre giovanotti in calzoncini corti e petto nudo si presentano; sono del distaccamento locale della guardacoste e ci vengono a dare il benvenuto. Li facciamo salire a bordo e accettano una birra, sono felicissimi che possiamo parlare in spagnolo e tra mille scuse ci dicono che dovremmo andare a firmare il registro presso il loro ufficio a "Iguana" l'isoletta di fronte; senza fretta, però, va bene domani. Aggiungono anche che ci verrebbero a prendere loro per accompagnarci, però sono a corto di benzina e non ne avranno altra fino al prossimo cambio di personale fra un paio di settimane, quando arriverà la nave militare con i rifornimenti per il distaccamento. Li invitiamo per cena, il tonno è grande, ma devono andare; il VHF alla base è rotto e non possono avvisare, sarà per un'altra volta. Andiamo in tavola, il pesce è ottimo e poi salta fuori la chitarra per festeggiare in musica l'arrivo in questo paradiso non ancora contaminato dalla civiltà. 

Carenare per il mondo

Prima della partenza dall'Italia, una delle nostre preoccupazioni era il fatto che prima o poi avremmo dovuto provvedere al carenaggio oltre che portare avanti la manutenzione della barca e... magari chissà in quali paesi e con quali difficoltà !!! Piovvero consigli da amici che sapevano tutto senza essersi mai mossi da dietro la scrivania (di professori, comunque, ne è pieno il mondo). Rivenditori di pitture antivegetative mi dissero che le uniche possibilità oltreoceano era l'utilizzo di gru con cavi di acciaio rugginosi e taglienti al posto delle fasce. Altri che il costo di alaggio e varo all'estero ci avrebbe messo sul lastrico. Sempre secondo gli addetti ai servizi solo in Europa si poteva avere buona antivegetativa. Credo sia ovvio che un minimo di paura dell'ignoto si infonda dentro di noi tutti e si cerchi di preventivare al massimo le possibilità di manutenzione della barca, ma tutto ha un limite. D'altronde l'acquisto di ricambi, vernici e attrezzature è direttamente proporzionale al costo degli stessi. Vediamo di analizzare con un attimo di attenzione i fatti e decidere al meglio in ragione delle nostre possibilità, manualità e tempi di crociera. Carenaggio e pitture antivegetative Dalla nostra partenza dall'Italia abbiamo alato la barca alle Canarie, a Martinica, due volte a Trinidad, in Venezuela e fra meno di due mesi lo faremo in Honduras. Mediamente il costo dell'operazione è sempre circa la metà (o anche meno) di quanto ci costava in Italia. Fino ad ora abbiamo sempre trovato cantieri forniti di Travel lift che è molto più idoneo, sicuro e meno dannoso della gru che utilizzavamo a Fiumicino. Abbiamo dovuto togliere l'albero a S.Lucia per una piccola riparazione alla base di appoggio che, poteva aspettare, se il costo della stessa fosse stato pari che in Italia. Il fatto che togliere e rimettere l'albero ci costò 100.000 lire compreso tre giorni di ormeggio al cantiere con acqua ed elettricità e quindi, perché aspettare? Con una cifra ancora inferiore, in Honduras, è nostra intenzione tirare giù, di nuovo l'albero e sbarcare il motore per un controllo generale. Vi assicuro che la gru che utilizzeremo (già abbiamo fatto un sopralluogo) farebbe invidia a molti cantieri Italiani di prim'ordine.

Testigos

Antivegetative: Anche questo è un tasto delicato da toccare. In Europa, come in USA ci si trova di fronte a tanti nomi marche, colori, promesse miracolose etc. Attenzione a non cadere in tranelli e pensate un attimo ai seguenti fatti. A) la legislazione sulla produzione di vernici per barche da diporto limita enormemente l'impiego di sostanze velenose nelle pitture. (Cosa non uguale per le vernici prodotte per uso industriale) B) quasi tutti i prodotti Europei sono formulati per acque molto più fredde di quelle che incontriamo ai tropici e, quindi, con una crescita di organismi marini limitatissima in proporzione. Magari partirete dall'Italia con tante belle mani di antivegetativa, cara come l'oro, che negli anni passati tanto vi ha ben servito durante le vacanze estive. Dopo la traversata atlantica vi riposerete qualche giorno in una bella baia dei Caraibi e nel ripartire la vostra barca non camminerà più, metterete la testa sott'acqua e vi verrà da piangere nel vedere tutto quel ben di dio che è cresciuto sulla carena. A noi è successo; sono altre acque, altre temperature. Dopo vari carenaggi ci siamo resi conto che, in fondo, è sempre meglio cercare di utilizzare pitture antivegetative per uso industriale, praticamente quelle delle navi. Ci sono anche ottimi prodotti per uso specifico diportistico ma comunque costano mediamente il doppio se non di più. Oramai anche la cantieristica industriale sta passando alle antivegetative ablative ovvero autopulenti. Ciò significa che la maggior parte delle pitture per navi sono autoleviganti anche se leggermente più tenaci di quelle nate appositamente per il diporto. Si sente dire che a per via di lunghe navigazioni e traversate si finisce per consumare tutta l'antivegetativa se del tipo autolevigante. Non è vero niente. Basta tre buone mani e una o due in più alla linea di galleggiamento di ablativa e andrete avanti tutto l'anno senza problemi. Non pensate, ovviamente, di procrastinare molto oltre l'anno il seguente carenaggio. Qualsiasi antivegetativa, per buona che sia, non può durare molto di più in acque tropicali. Ovviamente potete anche andare avanti pulendo la carena a intervalli regolari con spazzola e tanto fiato nei polmoni. Teoricamente potreste andare avanti così all'infinito, dipende dalla voglia di faticare che avete. Certo è che ai tropici bastano quindici giorni, e in certe lagune con acqua più stagnante anche una settimana per riempire la vostra carena di tanti bei denti di cane e animaletti vari, tenaci e così attaccati che vi procureranno tante antipatiche escoriazioni alle mani, quando cercherete di eliminarli. Se potete permettervela (mi riferisco al costo, ma soprattutto allo spazio) vi verrà utile una bombola con erogatore che vi aiuterà molto in questo compito. In giro si trova sempre da ricaricarla presso centri sub.. Anche molte barche private, in genere grandi e di gente che ha la passione per le immersioni hanno a bordo un compressore per la ricarica delle bombole. Non dimenticate che la stessa bombola, un giorno, potrebbe tirarvi fuori d'impaccio con un'ancora o una catena impigliati sul fondo. I ricambi: Tutta la zona del Caribe è sempre ben servita da corrieri internazionali quali Fedex, DHL, UPS etc. In pochi giorni si può far arrivare un pacco da ogni parte del mondo. A questo punto la lista dei ricambi da tenere a bordo va redatta in relazione alla probabilità di rotture del pezzo, allo spazio disponibile, al tempo disponibile per effettuare la riparazione e al proprio budget. Cerco di chiarire con un esempio. Era mia intenzione di acquistare, in Italia, un motorino di avviamento di ricambio del mio motore. Il costo, non avendolo trovato usato, era di 1.500.000 lire. Soprassedei e trovai che alle Baleari un rivenditore Bosch me lo poteva procurare per circa 900.000 ma occorreva qualche giorno. Non potevo aspettare e quindi lasciai perdere di nuovo. Sono ora passati cinque anni e ancora non mi è servito e se mai si dovesse guastare ci sono buone possibilità di ripararlo presso locali meccanici. Diciamo che ritengo corretta la mia scelta di non acquistarlo fatta a suo tempo. Il discorso può essere differente per una barca da charter o il cui armatore ed equipaggio non ha molto tempo a disposizione per navigare. In questo caso il costo del fermo barca in attesa del ricambio o della riparazione può essere superiore alla spesa che non si era effettuata a priori. Bisogna inoltre tenere presente che nei paesi maggiormente sottosviluppati la proporzione tra il costo della mano d'opera e il costo dei ricambi è totalmente differente; in Italia a nessuno verrebbe in mente di passare ore a contare le spire di cavo di un alternatore in corto e poi passare alla sua ribobinatura quando con poche centinaia di mila lire lo possiamo sostituire con uno nuovo. Ma qui, dove siamo ora, ci prenderebbero per pazzi se ci vedessero buttare quell'alternatore che per un locale vale oro. Per quanto riguarda tutte le attrezzature tipicamente nautiche possiamo avere molto facilmente accesso al mercato americano tramite organizzazioni di vendita per corrispondenza con cataloghi zeppi di prodotti e redatti in maniera chiara. D'altronde è risaputo che il mercato Americano è all'avanguardia nel campo e quindi non preoccupatevi di non trovare la cima, il GPS, o quel passascafo che vi manca. Il suo prezzo, salvo casi particolari, non sarà mai superiore e molto spesso di gran lunga inferiore all'equivalente Italiano e la qualità, garanzia e servizio reso, impeccabili. Fanno eccezione alcuni prodotti che però si possono contare sulle dita della mano; tanto per fare esempi direi che tra questi sono i salpancore, le cucine e la catena per ancora. Chi poi includesse gli Stati Uniti fra le sue rotte arriverà ad ubriacarsi tra le offerte, l'usato e gli avanzi di magazzino che possono incontrarsi nel mondo statunitense del usa e getta. L'unico rischio è che, ubriacati dal prezzo e varietà di prodotti, si rischia di comprare l'utile e superfluo, magari spendendo il doppio del necessario. Quello che può risultare difficile trovare oltreoceano è tutto ciò che riguarda la viteria con misure e passo metrici. Comunque, in linea generale, le comuni ferramenta non hanno viteria di inox e per questo vi dovete rivolgere ai negozi specializzati. In ogni posto dove andrete ad alare la barca troverete sempre qualcuno che si offre per aiutarvi (a pagamento s'intende) nei lavori di carteggiatura, lavaggi, pulizie ecc. Solitamente si tratta di manodopera non specializzata ma a buon mercato, anche se molto spesso vengono chieste delle cifre alte soggette a trattativa. Ritengo sia giusto non sovrapagare queste persone per una questione di etica e di rispetto al costo della vita locale oltre, naturalmente, per contenere le nostre spese. Non bisogna credere che stiamo sfruttando queste persone solo perchè vengono pagate, magari 4 o 5 dollari al giorno come qui in Guatemala o in Honduras; non avrebbero comunque mai guadagnato di più lavorando localmente e probabilmente sarebbero senza lavoro. Qualche volta accettare di far fare a terzi questi lavori, quando comunque lo potremmo fare noi stessi, può risultare un risparmio di tempo e quindi di soldi abbreviando i tempi di stazionamento in cantiere. Bisogna però seguire bene i lavori che si affidano e essere molto chiari nel dare le istruzioni. In genere queste persone non sono molto preparate tecnicamente e, se lasciate senza guida e controllo, potrebbero, senza volerlo e anche con buone intenzioni, prendere decisioni proprie ed effettuare lavori scadenti, se non sbagliati e magari da rifare o riparare. Tra le cose interessanti che abbiamo visto in giro vale la pena menzionarne qualcuna. A Puerto la Cruz in Venezuela esiste un ricambista auto che è specializzato in guarnizioni di ogni genere. Portategli una testata, uno scambiatore di calore o cos'altro vi viene in mente e il giorno seguente vi farà trovare la sua bella guarnizione nuova costruita espressamente su misura e, nel frattempo, avrà anche provveduto alla rettifica del pezzo. Sempre in Venezuela, questa volta a Cumana, esiste un fabbro specializzato nel variare il passo e modificare ogni tipo di elica; possiede un grande stock di eliche usate e, bene o male, riesce sempre a trovare e modificare l'elica giusta per il cliente. A lui si rivolgono tutti i pescatori venezuelani. Anche a Trinidad esiste uno specialista di linee d' asse. Io ho passato ore ad ammirare il suo operato (mentre attendevo che finisse di rettificare la mia elica e asse) ed ho visto cose fantastiche. Gli venivano portate eliche a cui mancava una pala e lui provvedeva a ricostruirla, saldarla e poi ore per rettificarla e bilanciarla di nuovo. Altri gli chiedevano di ridurre il diametro dell'elica. Li l'omino si metteva su uno speciale tavolo di riscontro con compasso e matita e ridisegnava la nuova elica sulle pale vecchie. Da li iniziava tutto il lavoro di taglio e rettifica fino a tirare fuori il prodotto che sembrava appena uscito dalla fusione. Comunque, in generale, il mondo è più pieno di meccanici e shipchandlers di quanto non si immagini. Bene o male si trova sempre quello che ti può cambiare quella lamiera usurata, riparare il frigo o rifarti una resinatura. Basta avere tempo, pazienza e voglia di non arrabbiarsi.

Buon vento a tutti da bordo del "Pilar II"

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