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Viaggio in Grecia, secondo Alberto Fava da Genova detto Parakalò

 

Questo è un breve diario del viaggio in Grecia dove mio malgrado sono stato dal 25 aprile al 3 maggio 1998, ed il "malgrado" è solo dovuto al fatto che.... avrei voluto starci di più.

Tutto era nato (o meglio, rinato) in Martinica un anno fa, laddove il calore del sole splendente, la finissima sabbia delle sue spiagge ed il fascino dei suoi coralli ricchi di pesci variopinti, non disgiunta dai tipici acquazzoni tropicali, non era comunque sufficiente ad offuscare il pensiero del Mediterraneo. Venti variabili, trasparenze colorate, isole così diverse ma così uguali nello stesso tempo e così vicine a noi: in poche parole, il caldo sapore di casa che nel Mare Nostrum non teme rivali e risveglia il mito di Ulisse con profumi forti che inebriano e sensazioni vive che ti catturano per sempre.

Fu così che... loro malgrado alcuni temerari amici, anche recidivi, hanno accompagnato Adolfo , Alberto, cioè io, detto Parakalò e Rolando detto Rolando in questa avventura, ecco i loro nomi:

Gabriella, Alessandra, Luciano, Ambrogio, Concetta, Alessandro, Rosario (part time...)

Mariella, Romano, Remigio, Pino, Andrea, Franco

Bianca, Erica, Gianbruna, Emilio, Rubens (polenottero di prua)

 

 

Sabato 25 aprile Milano-Atene-Samos

 

Tutte le rotte partono da Cinisello: è da qui, o poco meno, che ci siamo mossi sabato mattina per volare Alitalia, i più fortunati tra cui, ovviamente, il redattore di queste note in businnes class, fino ad Atene dove ci ha accolto un piovoso aeroporto. Un rapido trasferimento, aimè in taxi, al terminal Olympic ed un ATR42 ci porta a Samos: peccato che 5 di noi, ma non io, restino a terra: contiamo di ritirare i loro bagagli, ma saranno loro a ritirare i nostri (bagagli)

A Samos l’organizzazione ci prepara alcuni taxi (prepagati e quindi privi di trattativa finale sulla tariffa-che-sarebbe-giusto-pagare, ma-tanto-in-Italia-avremmo-pagato-di-più!) che ci portano a Pitagoryon sotto una pioggia che è sempre più fitta.

L’Oceanis di Michelotti, il mio Elan 431 ed il Sun Dance 36 di Rolando ci vengono consegnati da Andreas, un valido giovane (con un dito steccato per incidente motociclistico) che insieme ad altri 2 ragazzi procede ad un accurato inventario.

Le barche sembrano in ordine e bene attrezzate: io faccio un pensierino alla stazione del vento e log Brookes & Gathouse che sarebbe degna della mia Rocambole, ma soprassiedo al prelievo.

Quando con il volo della sera arrivano i bagagli mi sento un poco più rilassato... perchè finalmente asciutto potendomi cambiare l’inzuppatissime camicia a righe e sahariana.

Per cena un bell’acquazzone nella veranda della taverna separa in due il gruppo: io raggiungo una calda (e chiusa) taverna appena fuori della calata e, pilotati da Andreas & C, cominciamo a dedicarci a koriatike, octopus, calamaros, etc. tanto per prepararci di corpo e di spirito (Uzo 40°) alla prima notte in barca.

 

 

Domenica 26 aprile Samos

 

La giornata si preannuncia fresca e ventosa (non nel senso di appiccicaticcia, bensì piena di vento) e non resta che girellare per il paese di Skala scoprendo scorci fantastici su per le ripide salite, con le coste dell’Anatolia che occhieggiano a meno di 2 miglia. Gli equipaggi, capitanati dal Michelotti, si allontanano alla scoperta dell’isola con auto a nolo, rinunciando ai motorini per via della temperatura e del vento.

Fortunatamente sono rimasto con Rolando presso le barche, perchè dobbiamo rinforzare gli ormeggi in quanto nonostante il vento provenga dalla banchina, da nord, le fa brandeggiare a tratti con la poppa spesso pericolosamente prossima alla banchina stessa; Anna, il Sun Dance, lo mettiamo addirittura all’inglese perchè ha poca catena che sembra arare, io sistemo la mia Juliette con uno spring sull’Oceanis che, invece, sembra reggere bene, d’altronde presto ci renderemo conto che si tratta di uno scoglio.....

A sera torniamo tutti assieme alla calda taverna di ieri (dove con Rolando a mezzogiorno ci siamo fatti una koriatika, vino bianco in classica brocca metallica anodizzata rosso ed uzo... senza anodizzazione); coinvolgiamo nella nostra confusione una simpatica coppia olandese, la cui femmina bionda vorrei tanto rapire ....ma per le mie notti dovrò simpaticamente dividere la cabina con Mariella, che non potrei ovviamente tradire con la prima straniera che capita (potrebbe sempre fare la spia a Gabriella, mia, non Michelotti) e che, comunque, tradirei volentieri per l’ultima straniera che mi è capitata (vedi oltre).

 

 

Lunedì 27 aprile Samos Agathonisi

 

Con calma, ma risoluti, decidiamo di lasciare l’isola: la sindrome da ormeggio è in agguato ma non ci ha ancora preso e, comunque, il tempo è dalla nostra e, anche se fresca, la giornata è gradevole e possiamo veleggiare, rotta sud, alla volta di Agathonisi.

Io mi libero elegantemente del buon Remigio che per aiutare Rolando sacrifico al mio equipaggio lasciandolo su Anna: lo ritroverò ad Agathonisi dove, forse per vendetta, mi farà lo scalp radendomi a zero i capelli, anche grazie ad un flessibile lasciato in banchina da un operaio.

Come tradizione, qualcuno da il proprio tributo a Poseidon: questa è la regola, come altrettanto regolarmente arriva il benvenuto che discretamente ci porgono i delfini poco dopo la nostra partenza, le barche filano gagliarde con 15/20 nodi in poppa e di solo fiocco supero gli 8,5 nodi, lo "scoglio" invece ci sembra fermo nonostante il valido comando del Michelotti!

Prima di approdare a Porto San Giorgio ci ingaggiamo in agguerriti match-races di fronte a Kunelli, l’isola dei conigl, di cui non scorgiamo peraltro l’ombra.

Come arriviamo, ormeggiamo all’inglese sul molo dove alcuni operai, quelli del flessibile, montano strani tubi a mò di giostra: appureremo, ma dopo tutte le possibili e strane ipotesi, che sono "gabbie" per la piscicoltura, praticamente unica attività su quest’isola.

Un’escursione alla costa opposta, mezz’oretta a piedi, ci mostra soltanto pietre e bassa macchia, tantissima erica gialla (e non so bene se anche tamerici, ma forse si perchè fa tanta poesia... e stanno bene dappertutto) e, un po' meno poetica ma certamente godibile, un’altra pianta "preziosa": la salvia, che ovviamente non manco di raccogliere pensandola già "incastonata" in farina, lievito, acqua ed olio... Peccato che gli odori non si possono registrare perchè meriterebbe veramente conservarne il ricordo.

A proposito di registrazioni: Peppino con la sua telecamera, o forse viceversa, la telecamera modello Sony-Bostik con dietro Peppino, provvede ad una pseudo-impegnata ripresa con escursionisti, cespugli e pietre.

Con Bianca e Rosario fotografo la chiesetta e le belle casette bianche e blu del paese, dove sono pigramente arrivato in autostop, (o meglio viceversa: cioè raccolto da un camioncino che ha offerto un passaggio che non potevo rifiutare!) quando una gentilissima vecchina ci invita ad entrare nella casetta che stavo fotografando offrendoci un caffè e torta di Patmos, dove il figlio ha un caicco, riusciamo a capirci anche se parla solo greco, a parte una leggera piccola incomprensione sul numero dei nostri figli che noi avevamo dichiarato un po' in eccedenza credendo che la domanda rivoltaci riguardasse la nostra età.....

Ce ne andiamo, conoscendo anche il marito appena tornato dalla piscicoltura, un po' a malincuore perchè non siamo proprio abituati ad un rapporto così spontaneo e bello con la gente, ma ne conserviamo il ricordo e le fotografie, che spediremo anche a loro.

Al porto, intanto ci stanno preparando i polpi per la cena, polpi che pescavano mentre arrivavamo ed ai quali è stato riservato un trattamento di tutto rispetto....: sbattitura e successivo "trascinamento" a terra, quindi asciugatura su gratelle appese all’albero della taverna. La sosta è stata premiata perchè siamo stati benissimo... anche se non c’era alternativa.

 

Martedì 28 aprile Agathonisi Arki Lipso

 

I nostri ritmi sono molto "orientali" non diamo sveglie mattutine nè facciamo tappe forzate e stamattina, approfittando degli ordinati e puliti servizi della taverna di ieri sera, siamo tutti in coda per la doccia.

Il tempo è bello, con barometro in salita, ed invoglia a mollare gli ormeggi: facciamo rotta 240 per Arki, le cui trasparenze meritano una visita; infatti dopo una ricognizione alla riparatissima baia di Porto Augusta, il cui fondale ha messo in crisi il mio ecoscandaglio, e me, perchè marcava 1,2 metri contro un pescaggio di 1,8..., siamo andati a dare fondo in acque da Caraibi, o meglio addirittura da Sardegna, dove i più gagliardi, tra cui non potevo mancare, si sono fatti un bel bagno: acqua fredda al primo impatto ma poi piacevole da assaporare in attesa della pastasciutta

Solo alle 16.30 lasciamo questo incantevole posto di rocce e trasparenze per smotorare verso Lipso scendendo lungo la sua costa occidentale: incontriamo una tartaruga a cui risparmiamo di finire in pentola non tanto perchè ce la tiriamo da ecologisti quanto perchè siamo ancora sulla digestione ed anche perchè quanto a pescare non siamo molto d’esempio: alla nostra traina, perennemente filata di poppa, è comunque attaccato soltanto Andrea, fortunatamente dalla parte della barca, e non dall’altra parte dove c’è solo l’amo.... da solo

Arriviamo comunque a Lipso il cui pontile esterno non ci può accogliere tutti perchè in parte destinato al traghetto, che in realtà non vedremo mai: scanso equivoci, comunque sposto Juliette con l’aiuto di Romano ed un guasto al quadro elettrico ci "regala" 4 bordi a vela prima di dare fondo nell’ampia baia in fondo alla quale la chiesa sovrasta le solite bianche case, anche con il suo campanile che vorremmo tanto suonare...., appena sotto una costruenda calata amplierà gli ormeggi della baia.

Per la cena cerchiamo, combinazione, un’adeguata taverna: unica attività che ci vede tutti sempre seriamente impegnati; dopo quattro passi per il paese, caratteristico ma non perfettamente lindo come gli altri visitati, dove ci facciamo un aperitivo con souvlaki in una "friggitoria" gestita da un italiano, ci dedichiamo al banchetto .

Le aragoste non erano molte, ma le abbiamo gustate con piacere e nonostante retzina e vini vari riusciamo a risalire a bordo, noi con una certa fatica perchè dobbiamo raggiungere Jiuliette con il pram, che non è certo un traghetto: la serata prevede una discussione sulla pranoterapia, dopo che Remigio mi ha sistemato la schiena dolorante (per quanto possa sembrare strano nonostante le mani di Remigio la schiena era dolorante prima, non dopo...) mentre le stelle stanno silenziose a guardare.

 

 

Mercoledì 29 aprile Lipso Patmos

 

Stranamente puntuali, come orologi svizzeri alle 9.30 facciamo subito vela per Patmos, scendendo però sotto a Nisos Khalavra, isolotti scogliosi di fronte a Lipso: di solo fiocco siamo subito a 6,5 nodi, diamo randa e ci ingaggiamo con Anna che risponde bene, salvo dirigersi su di un’isola diversa della nostra meta, mentre noi risaliamo mettendoci in rotta lasciando l’isolotto Frango sulla nostra sinistra.

Ci aspetta, comunque, una veleggiata favolosa di bolina larga sotto un cielo coperto e temperatura fresca. Giungiamo all’isolotto Tragonissi, a SE di Patmos e passando nel canale interno, con belle acque azzurre, superato il primo ancoraggio, raggiungiamo cala Griko, esposta al vento che si incanala da terra e che sconsiglia di fermarci alla fonda, essendo comunque i pontiletti adatti ai soli caicchi.

Tutti riuniti, decidiamo di proseguire, chi di fiocco chi di motore, per Patmos il cui austero e scuro monastero domina dall’alto la cascata di bianche case della Chora abbarbicate sui suoi fianchi, sulla collina.

Ci attende, per le 13.30 circa, una bella banchina proprio al fondo della baia nella parte nord-occidentale, non ancora presente nei nostri portolani, a cui facciamo onore ormeggiandoci, con la nostra ormai solita e solida pigrizia, all’inglese.

Peccato che poco dopo arriva una dozzina di barche olandesi capitanate dal solito Andreas che in effetti ci ha fatto un discreto dispetto perchè la nostra quiete va a farsi benedire: ma la presenza di qualche olandesina viene a mitigare il disturbo, il buon Rolando non perde occasione per baciarsi una prodiera il cui padre-timoniere dava in escandescenze (indipendentemente dal bacio di Rolando...) ed io prontamente aiuto una giunonica fanciulla che risponde ad un nome tanto strano che suona proprio olandese e che è impossibile ricordare (il nome, non la fanciulla...).

Il tempo è decisamente brutto, essendosi messo a piovere, decidiamo di affittare qualche automobile e di salire al monastero, che però troviamo chiuso perchè per la legge di Murphy oggi è di chiusura settimanale, o forse mensile se non annuale.

Rimandiamo la visita a domani e, sotto la pioggia che saltuariamente smette, visitiamo la città: estremamente pulita, suggestiva ed elegante con portali in pietra e scorci unici.

Visitiamo, quindi un rigoglioso monastero di suore che ci viene aperto "a richiesta" previa "vestizione" della nostre compagne con lunghe e ridicole sopra-gonne, l’ambiente è comunque suggestivo e l’ospitalità ottima, terminando con l’offerta di ottimi dolcetti.

Noi ceniamo in barca anche perchè le provviste di Samos le riporteremmo tutte indietro....

 

 

Giovedì 30 aprile Patmos Leros

 

Prima di salire al castello "disincastriamo" le rispettive barche per sistemarci all’esterno ed essere liberi di partire subito al rientro... senza trascinarci appresso le barche degli olandesi, che ci frenerebbero un po' troppo.

Quindi, dotati di motorini, il tempo è nel frattempo migliorato, saliamo alla Chora dove finalmente visitiamo il monastero, in cui vivevano 300 monaci che governavano queste isole; adesso ce ne sono 30 ed il loro cuoco, raggiunto da me, Michelotti e Rosario infrangendo un cancello chiuso a chiave, anzichè cacciarci....ci offre un caffè !

Al ritorno passiamo dalla grotta dell’Apocalisse, inglobata in una cappella, dove San Giovanni Apostolo aveva dettato il suo libro: inutile dire quanto sia, ovviamente, suggestiva e carica di storia.

Fatte le ultime fotografie dall’alto, scendiamo alle barche, comperiamo una tonnellata di arance e:

alle 12 leviamo gli ormeggi uscendo a motore con poco vento dritto sul naso;

all’1 ci mettiamo alla vela con il tempo in miglioramento;

alle 2 mettiamo a lievitare la mia focaccia alla salvia di Agathonisi mentre facciamo una virata sul faro sull’isolotto di Saraky;

alle 3 mettiamo la focaccia in forno, non senza virare per controllare Anna;

alle 4 la focaccia è cotta e cerchiamo di consumarla prima di essere pirateggiati dagli altri, sia Michelotti che ci precede che Rolando che ci segue;

alle 5 ci facciamo gli ultimi bordi, sia della focaccia che di vela, prima di essere sui due fanali d’ingresso della baia di Lakky a Lipso;

alle 5 e ½ ormeggiamo in una comoda marina con trappe alla occidentale.

Il paese è anonimo e sa un po' di arsenale, ma è tranquillo, comunque per cena preferiamo spostarci con motorini ad Aghya Marina, dove saremo accolti nella taverna di Michele con la sua solita cordialità, sperimentata due anni fa, e con tutte le specialità greche a pochissimo prezzo, compreso il concerto di bouzuki e canto delle sue figliolette che chiuderanno piacevolmente l’allegra serata.

Il paese, ancora una volta dominato da un castello, è uno dei più belli di queste isole e l’ampia baia con il suo mulino a vento, poco oltre la nostra taverna, è decisamente rilassante, non così i nostri motorini ai quali va comunque il nostro grazie.

 

 

 

Venerdì 1 maggio Leros Kalimnos Pserimos

 

Addobbiamo Juliette con i fiori del primo maggio, che qui non è così manifesto come qualche anno fa a Fourni, dove tutti i caicchi addobbati a festa con coroncine di fiori uscivano per la gita fuori porta con tutte le famiglie dei pescatori.

Abbandoniamo al suo destino Rosario che con la scusa del lavoro sbarca, probabilmente per restare nel Dodecaneso per i prossimi dodici anni (da cui il nome....).

Lasciata la marina possiamo, però, proseguire il viaggio solo dopo la riparazione di Anna, la cui girante ha deciso di mettersi a riposo (è, o non è primo maggio ?...): bravi bravi ci mettiamo tutti e tre in fil di ruota su di una provvidenziale boa in ferro per l’intervento del caso, che ovviamente incrementerà il nostro bagaglio di esperienze tecnico-meccanico-navali (a richiesta degli interessati verrà inviato, contrassegno, un dettagliato rapporto tecnico, corredato di schema didattico, e rilasciato apposito diploma al superamento, per corrispondenza, del relativo esame).

Alle 13, un po' in ritardo sulla tabella di marcia (che non abbiamo mai fatta...) usciamo all’aperto e veleggiamo fino a passarer lo stretto di Leros sotto un sole decisamente greco ed una gradevole arietta che ci obbligherà a dare motore se vogliamo arrivare prima di sera.

Costeggiamo la costa orientale di Kalimnos e, superata la prima baia, entriamo a Vathi, quasi un fiordo entro cui una banchina accoglie già qualche barca ed i caicchi che portano i turisti da Kos. La confusione, che se paragonata a quella cui siamo abituati in Italia è ben poca cosa, ci fa comunque desistere dall’ormeggiare: dovremmo ormeggiare di prua con ancora a poppa; preferiamo una sosta per bagno e pranzo in un’accennata insenatura verso l’uscita, proprio sotto ad una suggestiva cappelletta, l’acqua è fresca, ma ovviamente piacevole.

Riprendiamo il mare per raggiungere Pserimos, incontrando ancora una volta Andreas, che forse precede il gruppo di olandesi di Patmos, confermando ancora una volta che abbiamo fatto bene ad andarcene.

Lasciamo alla nostra dritta l’isolotto di Plathi e dirigiamo sul porto di Pserimos: baia che si presenta particolarmente bene con una piccola diga foranea sulla sinistra che protegge la banchina a cui approdiamo, ancora una volta, all’inglese. Sul fondo una bella spiaggia di sabbia fine su cui si affaccia una fila di costruzioni basse e semplici: quasi tutte taverne.

Il paesino è tutto qui, poco dietro c’è la chiesa, che ci verrà appositamente aperta dal monaco, che metterà anche della musica sacra per darci la giusta atmosfera.

La nostra atmosfera, invece, la troveremo in taverna, ed abbiamo scelto quella reclamizzataci da tre bambine che erano venute sulla banchina al nostro arrivo.

La cena, apertasi con un assaggio di focaccia alla salvia, quella di Agathonisi, e la bella presenza di una camerierina con belle doti da polena, prosegue fra koriatike ed octopus per finire, grazie alla retzina, con il sirtaki: regina della sera, a parte la vegliarda cuoca che speriamo non sia stata colta da infarto, è Bianca cui i ritmi orientali hanno certamente risvegliato una particolare voglia di vivere, e di ballare, che trasmette a tutti.

L’ultima notte in barca ci aspetta, e non la prima come vorrei, e dobbiamo lasciare i nostri ospiti anche perchè si è fatto tardi.

 

 

Sabato 2 maggio Pserimos Kos Atene

 

La giornata si presenta grigia e senza vento, ci aspettano 2 ore e mezzo di motore per finire la crociera. Sulla costa orientale di Pserimos si scorge una grossa bandiera greca dipinta a terra in zona militare, forse per intimorire i turchi le cui coste sono vicinissime e presentano orribili colate di cemento, che sono villaggi turistici.

Per essere franchi dai bassi fondali della punta di Kos passiamo, quasi, in acque turche ma purtroppo non turchesi e, come il primo giorno, incontriamo i delfini che questa volta ci danno il loro simpatico arrivederci.

Arriviamo a Kos in un chiuso e riparato porto naturale con un bel movimento di barche, caicchi e vaporetti attorniato da una folta vegetazione dal sapore decisamente orientale.

Una visione incantevole chiude la crociera della mia Juliette: una "barcata" di americane ben dotate, ovviamente non solo di qualità nautiche... A poppa di una barca che sta approdando, la visione di una meravigliosa ed abbronzatissima fanciulla mi manda in tilt: devo farli approdare vicino a me, anche se il posto è riservato al nostro noleggiatore. Attacco discorso con lo skipper, uno spinoso greco che conduce questa azzurra barca a vela: parlandogli in genovese mi complimento per l’equipaggio e la barca e, dotato di sole-piatti e spazzolino salto a bordo pregandolo di imbarcarmi, anche come lavapiatti: una rapida occhiata in cucina mi fa però desistere, laverò solo quelli che useremo, ma non quelli già sporchi che sono in cucina.

Mentre le palme ed il minareto ci guardano, completiamo i bagagli e provvediamo alla consegna delle barche, tanto per cambiare io devo vedermela con una dolce brunetta che non manco di invitare sulla Rocambole, ma Genova o no le carte nautiche che mancano le vuole tutte.... per fortuna arriva Andreas che sistema la discordanza di inventario.

La città è brulicante di persone tutt’attorno al porto, che è molto simile a quello di Rodi dove i caicchi offrono il giro turistico dei posti dai quali proveniamo e dai quali non saremmo mai venuti via. Anche il tempo, decisamente estivo, invoglia a fermarsi per sempre qui: io il posto e l’impiego li ho già trovati, gli altri non ancora, quindi decidono di andare con i più svariati mezzi, dalla jeep alla macchina ai motorini, alla scoperta dell’isola e non resteranno delusi.

Neppure io resto deluso, non tanto per l’americana dalla barca vicina, che è stata purtroppo allontanata addirittura dalla polizia, ma nemmeno dalla visita della città che si presenta ricca di antiche vestigia, di cui non capisco niente ma che certamente emanano un qualcosa che si respira nell’aria e che ti fa sentire bene: ad esempio c’è l’albero di Ippocrate, grande quanto una piazza, che pare abbia piantato lui stesso... qualche anno fa che da solo giustifica la visita a Kos.

La giornata passa veloce e, dopo una cena un poco anticipata per trasferirci poi con comodo in aeroporto, ci ritroviamo ad Atene (questa volta con tutti i nostri bagagli):ci sembra un po' di essere a casa, l’albergo Poseidon è proprio a Kalamaki, di fronte al porticciolo dove tante volte ci siamo mossi, e ci accoglie molto bene per l’ultima notte greca.

 

 

Domenica 3 maggio Atene Milano Genova

 

Atene ha deciso di lasciare un ricordo insolito e di non farsi rimpiangere troppo: infatti piove a tratti e quasi non sembra la città che siamo abituati a vedere.

I più mattinieri vanno a fare i turisti, mentre io e pochi altri impigriamo in albergo e scendiamo giusto in tempo per la prima colazione, compresa nel prezzo...., ci trasferiamo poi aeroporto dove ci ritroviamo tutti assieme, io sono riconoscibile dalla mia camicia a righe per la quale si sta avvicinando il giorno di bucato.

Facciamo le ultime compere di Uzo e sigarette e ci imbarchiamo per attraversare un mondo di nuvole e trovare una Milano quasi soleggiata.

A questo punto il diario si deve fermare perchè non potrebbe che riportare ancora al ricordo della nostra crociera appena terminata, incapace di nascondere la voglia di ricominciare; infatti lunedì 4 mi godo ancora una giornata di ferie per vedere, insieme a Rolando, come sta la mia Rocambole e fare già qualche nuovo programma..... se non altro quello della cena di fine crociera che ci riunirà a Cinisello, ombelico del mondo: e non mi meraviglierebbe se mi dicessero che anche Cristoforo Colombo con le sue caravelle sia partito proprio da lì......

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